Il libro della settimana

mercoledì 4 maggio 2022

"Saluto e augurio" di Pier Paolo Pasolini

 


Ecco una nuova proposta di Giulio Ripa.

 

L’ultima poesia di Pasolini tradotta dal friulano in italiano

(dalla raccolta di poesie “La nuova gioventù” pubblicata nel maggio 1975)

 

Nel centenario della nascita di Pasolini, continuiamo a proporre preziose occasioni di condivisione della sua opera, sempre “avanti” rispetto al tempo che ha vissuto.


È quasi sicuro che questa

è la mia ultima poesia in friulano:

e voglio parlare a un fascista,

prima che io, o lui, siamo troppo lontani.

 

È un fascista giovane,

avrà ventuno, ventidue anni:

è nato in un paese

ed è andato a scuola in città.

 

È alto, con gli occhiali, il vestito

grigio, i capelli corti:

quando comincia a parlarmi,

penso che non sappia niente di politica

 

 e che cerchi solo di difendere il latino

e il greco contro di me; non sapendo

quanto io ami il latino, il greco - e i capelli corti.

Lo guardo, è alto e grigio come un alpino.

 

"Vieni qua, vieni qua, Fedro.

Ascolta. Voglio farti un discorso

che sembra un testamento.

Ma ricordati, io non mi faccio illusioni

 

su di te: io so, io so bene,

che tu non hai, e non vuoi averlo,

un cuore libero, e non puoi essere sincero:

ma anche se sei un morto, io ti parlerò.

 

Difendi i paletti di gelso, di ontano,

in nome degli Dei, greci o cinesi.

Muori d’amore per le vigne.

Per i fichi negli orti. I ceppi, gli stecchi.

 

Per il capo tosato dei tuoi compagni.

Difendi i campi tra il paese

e la campagna, con le loro pannocchie

abbandonate. Difendi il prato

 

tra l’ultima casa del paese e la roggia.

I casali assomigliano a Chiese:

godi di questa idea, tienila nel cuore.

La confidenza col sole e con la pioggia,

 

lo sai, è sapienza sacra.

Difendi, conserva, prega! La Repubblica

è dentro, nel corpo della madre.

I padri hanno cercato e tornato a cercar

 

di qua e di là, nascendo, morendo,

cambiando: ma son tutte cose del passato.

Oggi: difendere, conservare, pregare. Taci!

Che la tua camicia non sia

 

nera, e neanche bruna. Taci! che sia

una camicia grigia. La camicia del sonno.

Odia quelli che vogliono svegliarsi,

e dimenticarsi delle Pasque...

 

Dunque, ragazzo dai calzetti di morto,

ti ho detto ciò che vogliono gli Dei

dei campi. Là dove sei nato.

Là dove da bambino hai imparato

 

i loro Comandamenti. Ma in Città?

Là Cristo non basta.

Occorre la Chiesa: ma che sia

moderna. E occorrono i poveri

 

Tu difendi, conserva, prega:

ma ama i poveri: ama la loro diversità.

Ama la loro voglia di vivere soli

nel loro mondo, tra prati e palazzi

 

dove non arrivi la parola

del nostro mondo; ama il confine

che hanno segnato tra noi e loro;

ama il loro dialetto inventato ogni mattina,

 

per non farsi capire; per non condividere

con nessuno la loro allegria.

Ama il sole di città e la miseria

dei ladri; ama la carne della mamma nel figlio

 

Dentro il nostro mondo, dì

di non essere borghese, ma un santo

o un soldato: un santo senza ignoranza,

o un soldato senza violenza.

 

Porta con mani di santo o soldato

l’intimità col Re, Destra divina

che è dentro di noi, nel sonno.

Credi nel borghese cieco di onestà,

 

anche se è un’illusione: perché

anche i padroni hanno

i loro padroni, e sono figli di padri

che stanno da qualche parte nel mondo.

 

È sufficiente che solo il sentimento

della vita sia per tutti uguale:

il resto non importa, giovane con in mano

il Libro senza la Parola.

 

Hic desinit cantus. Prenditi

tu, sulle spalle, questo fardello.

Io non posso: nessuno ne capirebbe

lo scandalo. Un vecchio ha rispetto

 

del giudizio del mondo: anche

se non gliene importa niente. E ha rispetto

di ciò che egli è nel mondo. Deve

difendere i suoi nervi, indeboliti,

 

e stare al gioco a cui non è mai stato.

Prenditi tu questo peso, ragazzo che mi odii:

portalo tu. Risplende nel cuore. E io camminerò

leggero, andando avanti, scegliendo per sempre

 

la vita, la gioventù.

 

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