Il libro della settimana

martedì 25 aprile 2023

Alcune considerazioni di Michele Di Lieto sul 25 Aprile


Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica, in visita ufficiale in Polonia, si è recato ad Auschwitz per rendere omaggio ai milioni di persone, in gran parte ebrei, vittime dell’Olocausto. Il Presidente ha parlato di “orrore” ma non ha omesso di ricordare che a un orrore così contribuirono i regimi fascisti europei (compresa l’Italia), che consegnarono propri concittadini ai carnefici, macchiandosi per complicità di uno sterminio razzista, antisemita.
 

Qualche giorno fa, in occasione del cinquantesimo anniversario del rogo di Primavalle, nel quale persero la vita i fratelli Virgilio e Stefano Mattei, figli di Mario Mattei, segretario della locale sezione del MSI, in seguito all’incendio appiccato alla loro casa, da Rossi, di Potere operaio. Erano presenti: Maurizio Gasparri, Vice Presidente del Senato, Fabio Rampelli, Vice Presidente della Camera, il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, Il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, l’Assessore alla cultura di Roma capitale, Miguel Gotor.

Tutti hanno parlato del rogo di Primavalle come di una pagina scura, che ha fatto due poveri morti, e sulla quale non è stata fatta piena giustizia. Non era presente il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, reduce da un viaggio in Africa, e tuttavia ha inviato un lungo messaggio, ha parlato di pagina buia della storia d’Italia, e ha ribadito la necessità di tenere viva la memoria di quanto accaduto, per “condurre il nostro popolo a una piena pacificazione nazionale”, soprattutto oggi che la destra governa il paese.

Ho appena accennato al viaggio di Giorgia Meloni in Africa, dove è stata ricevuta dal Capo di Stato etiope, ha avuto la possibilità di incontrare il Capo di Stato somalo, e si è detta soddisfatta dei risultati ottenuti in un paese, l’Etiopia, con il quale l’Italia vanta “storiche relazioni” che vanno rafforzate. Alla fine, e con eguale impegno, debbo qui ricordare che fra pochi giorni, il 25 aprile, sarà celebrata la Festa della Liberazione (che ricorda la liberazione del nostro paese dall’occupazione nazifascista): liberazione che fu sì una festa di popolo, ma coincise con un momento drammatico della nostra storia: la resa dei conti col fascismo e coi fascisti chiamati a rispondere di vent’anni di regime.

Per questo, la Festa del 25 aprile è una festa antifascista, simbolo essa stessa della liberazione dalla dittatura. Ancora non si sa se e quali membri del Governo, che è, conviene ripetere, un governo di destra, parteciperanno alle manifestazioni. Giorgia Meloni ha assicurato una partecipazione a metà: si recherà all’Altare della Patria, non interverrà ad altra cerimonia commemorativa.

A questo punto il lettore avrà anche scoperto il filo rosso che lega gli eventi sopra ricordati, e darà a me l’occasione per rispondere al quesito: ma cos’è questo governo di Giorgia Meloni? Un governo di destra lo è certamente. FDI, il partito maggiore della coalizione che ha vinto le ultime elezioni politiche, raccoglie voti e idee tipicamente di destra: a partire dal presidenzialismo per finire alla abolizione del reddito di cittadinanza, o a quella del bonus 110% per l’ammodernamento energetico delle case: tanto che alcuni hanno visto nel governo Meloni “il governo più a destra dai tempi di Mussolini”.

Ma allora si può parlare di governo fascista? So già la risposta al quesito, sempre la stessa. Che il fascismo è un fenomeno storico superato, non suscettibile di riproduzione.  Si può allora parlare di un governo post-fascista, che affonda le sue radici nel MSI, di cui FDI riproduce parzialmente il simbolo? Qui la risposta è meno agevole. FDI sembra raccogliere consensi non solo tra i simpatizzanti del MSI ma di tutta la destra, a partire dalla Lega nella quale pure ha pescato il partito della Meloni e finire alla destra estrema di Casa Pound.

Il fatto è che la Repubblica italiana che abbiamo conosciuto è una Repubblica fondata sulla Costituzione: e la Costituzione, nata dalle ceneri del fascismo, è una costituzione antifascista. È questo il termine che Giorgia Meloni non ha pronunciato e forse mai pronuncerà. Hai un bel dire che il governo di destra, il tuo governo, si propone di “condurre il popolo a una pacificazione nazionale” (il che vuol dire, se ho ben capito, accettare quel che di buono c’è nell’una e nell’altra ideologia) se poi ti rifiuti persino di pronunciare il termine: antifascista, e rendi manifesta l’intenzione di modificare la storia, di sostituirla, senza pensare che la storia è fatta dai vincitori, non dai vinti e, pur con le riserve suscitate dai movimenti politici in uno Stato dilaniato da una guerra civile, occupato a sud dagli americani, a nord dai tedeschi e dai fascisti), vincitori sono stati i primi, non gli altri.

Ma come si fa a parlare di “storiche” relazioni con lo Stato etiopico, senza citare neppure l’invasione del paese voluta da Mussolini nel folle disegno di creare un impero coloniale del quale non avevamo bisogno se non per realizzare le aspirazioni del Capo? E come non ricordare che di questo folle disegno faceva parte un regime di apartheid tra bianchi e neri, in omaggio a un odio di razza che non è mai stato condiviso dal popolo italiano? Come non opporsi, sia pure nella memoria storica, a queste farneticazioni del Duce? Occorre adesso precisare che io non sono contrario per principio al governo di destra e a Giorgia Meloni. Io non ho votato Giorgia Meloni.

Confesso di essere stato tentato di fronte allo sfascio creato dalla sinistra (e dai governi di centro sinistra). Alla fine mi sono arreso: non sono andato a votare, mi sono unito al coro di chi, avendo votato sempre a sinistra, non trovando un partito che lo rappresentasse, è andato a ingrossare la fila degli astenuti, arrivata ai livelli più alti mai raggiunti nelle elezioni politiche.

Mi illudevo che un governo di destra, e Giorgia Meloni, rinunciassero alla politica revanchista di ritorno al passato, che era stato motivo non ultimo degli insuccessi elettorali della destra: volevo insomma mettere alla prova anche la coalizione di centro destra, che governava in molte regioni d’Italia e veniva considerata nei sondaggi predestinata a vincere.

Le prime avvisaglie non fanno bene sperare. Non si può cambiare il giudizio storico sul fascismo, né inseguire un modello che molto gli somiglia e può rappresentare il primo passo verso un governo dittatoriale. Per questo, sono contrario al presidenzialismo. Per questo sono contrario alla deriva   verso forme di presidenzialismo di cui è stato protagonista Mario Draghi, e potrebbe essere protagonista Giorgia Meloni.

Se a questo si aggiunge la massiccia presenza delle forze di destra a una manifestazione considerata di destra, contrapposta alle incertezze sulla presenza delle stesse forze alla festa del 25 aprile, questo vuol dire che il governo Meloni non riconosce neppure la Costituzione, come finisce per ammettere Ignazio La Russa, Presidente del Senato, quando sostiene che nella costituzione non c’è il termine antifascismo, saltando a piè pari  la disposizione transitoria che vieta la riorganizzazione in qualsiasi forma del partito fascista.

Per concludere. Non ci si può opporre alla Costituzione, non ci si può estraniare da feste simbolo della Repubblica nata con la Costituzione. Se la Costituzione sente per qualche verso il peso degli anni, la si cambi, ma non nei punti fondamentali. Insomma: non si può cambiare la Festa della liberazione (dal nazifascismo) nella festa in memoria di tutti i caduti di tutte le guerre. Né si può organizzare una festa il 25 aprile altrove. Per chi e per come? Né si può anticipare o posticipare una festa nata dalla Costituzione, una festa di tutti coloro che sulla Costituzione hanno giurato vivendo Costituzione alla mano.  Mi ci metto anch’io. Vorrei che a me si unissero tutti coloro che non sono stati dalla stessa parte.   

Michele Di Lieto

 

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Storia degli ultimi tempi. Dalla guerra ucraina al naufragio di Cutro

 

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