Il libro della settimana

martedì 28 marzo 2017

Corso di Pittura - I sogni son desideri...

Corso di Pittura ad olio e/o acquerello
con Lucia Di Salvatore  e  Nunzio Gaudioso

Ogni lunedì e venerdì
ore 19,00 / 21,00
dal 24 aprile
a L’ArgoLibro

Viale Lazio, 16
Agropoli (SA)


Esposizione finale
nel mese di Agosto

Costo mensile 70,00 euro
Per iscrizioni 3292037317

Lucia Di Salvatore, nata a Eboli l'11 giugno 1969, ha frequentato il Liceo Artistico "Carlo Levi", conseguendo il diploma nel.1989.
Appassionata d' arte e artigianato in generale.
La sua tecnica pittorica è olio su tela. Anche se ha dipinto vari paesaggi del suo territorio, soprattutto il centro storico del suo paese, i suoi soggetti preferiti sono i ritratti e le maternità, dove vuole raccontare agli altri lo sforzo di capire le persone, di coglierne non solo i tratti fisici ma anche i risvolti cognitivi ed emozionali.
Nelle sue maternità racconta il "vero amore", l'unico indissolubile ed incondizionato: è l amore di una madre verso il figlio, nell'abbraccio protettivo, nello sguardo affettuoso e negli incroci delle mani...
Nei ritratti cerca di cogliere l'anima delle persone...


Nunzio Gaudioso, nato il 25 novembre 1963, ha frequentato il Liceo Artistico "Carlo Levi ", diplomandosi nel 1982.
Fin da piccolo appassionato all'arte del disegno e della pittura.
È il legame con la propria terra a guidare la mano di Nunzio.
Sembrano i colori impressi nella memoria quelli utilizzati per raccontare agli altri il valore del proprio territorio; per raccontarlo agli altri dopo averlo raccontato a se stesso.
Come se Nunzio avesse finalmente trovato la chiave per rappresentare una realtà con cui riesce a dialogare più facilmente davanti a una tela.




Enzo Marotta a L'ArgoLibro: le foto

La primavera a L'ArgoLibro ha portato i colori di Enzo Marotta, che sabato scorso ha inaugurato la sua mostra personale, sempre nel contesto della Rassegna "A Testa Alta".
Un particolare ringraziamento va a tutti i presenti e al Maestro Mario Cafarelli per gli interventi musicali.
Ecco alcune foto dedicate all'incontro. Vi ricordiamo che la mostra sarà visitabile fino a venerdì 31 marzo. La libreria indipendente L'ArgoLibro è ad Agropoli in Viale Lazio 16 - Zona sud, adiacente Via Salvo D'Acquisto, infoline 3395876415.













Andrea Cosentino: Arashi (La tempesta)



Autore: Andrea Cosentino
Titolo: Arashi – La tempesta
Editore: L’ArgoLibro
Introduzione e saggio “La poesia Giapponese” di Eufemia Griffo
Nota introduttiva di Eduardo Cuoco
Postfazione dell’autore
Anno di pubblicazione: 2017
Numero pagine: 118
Copertina: cartoncino brossurato, copertina a colori con alette
Formato: 12x21
Prezzo di copertina euro 10,00
Spese di spedizione euro 4,63 (raccomandata postale)
Codice ISBN 978-88-98558-95-7
Per info e ordini: largolibro@gmail.com 
Per contattare l’autore:  starland67@alice.it 

Una raccolta imperdibile, e non solo per chi ama la poesia giapponese.
Dopo l’appassionante romanzo d’esordio “La savana” (qui trovate la pagina dedicata), Andrea Cosentino cambia completamente pagina e si immerge nella poesia giapponese: quella “ortodossa” dell’haiku rispettato anche nelle sue regole grammaticali. Una folgorazione, questa, come ha scritto lo stesso autore, rimasto affascinato dall’energia che “i tre versi” sanno sprigionare, quando ben scritti.
Tra le pagine di “Arashi” fanno da sfondo le vicende legate al popolo giapponese durante il secondo conflitto mondiale: un popolo sicuramente pronto a immolarsi fino all’estinzione, fermato solo grazie all’immane tragedia dei primi due ordigni nucleari della storia dell’umanità.
“L’amore”, “La tempesta”, “La via della spada”, “Il ritorno”: le sezioni in cui si divide la raccolta seguono un filo conduttore, un percorso che conosce particolari intensità e riflussi di calma. È il ritmo stesso dell’onda, così ben visualizzato dalla celeberrima opera di KatsushikaHokusai ripresa in copertina.
Anche in quest’opera, così diversa dalla precedente, la bravura di Andrea Cosentino salta subito all’occhio del lettore attento. Eufemia Griffo, appassionata e grandissima esperta di poesia e cultura giapponese, scrive: “Anche Andrea si è fatto vincere dal fragore dei suoni dello haiku, dalla bellezza dei suoi schemi, che solo apparentemente possono sembrare ingabbiare il pensiero. In realtà, il Poeta è nella sintesi che spesso rivela se stesso, senza fronzoli, senza ripensamenti, ed affida alle parole essenziali, la vera essenza della sua anima.”
Proprio così: in “Arashi – La tempesta”, troverete tutta la forza della sintesi, che, quando riesce a toccare la sostanza di ciò di cui si sta scrivendo, illumina il tutto, l’insieme. E questo è un “miracolo” che forse solo l’arte, quando è grande arte, riesce a fare.

lunedì 27 marzo 2017

Le interviste di Nello Amato: Elena Giacobbe

Le interviste di Nello Amato



Una mente morsa da Madama Taranta
Intervista a Elena Giacobbe

Elena, spiegaci in poche parole chi sei, cosa ami fare e perché hai scelto di pubblicare il tuo lavoro accademico con L'Argolibro.

Sono una giovane donna alla perenne ricerca di un senso da attribuire alla sua vita. Per questo fotografo, disegno e scrivo.
Ho scelto di pubblicare con l'Argolibro perché é tra le poche realtà che conosco, dove coltivare interessi non esclusivamente legati a calcoli statistici, non é un peccato di hybris nei confronti del dio Mercato. Esiste anche altro!

Perché hai scelto come oggetto di studio, di ricerca proprio il tarantismo? Che cos'è il tarantismo?
Al tarantismo ci sono arrivata per caso. Seguo da dieci anni il maestro Eugenio Bennato e dai suoi testi sono risalita agli studi demartiniani.
Il Tarantismo non é una moda, come molti ottusamente ritengono. É una questione culturale che continua a interrogarci tutti senza distinzione di età ,sesso e formazione accademica! Io credo che il tarantismo, analizzato nella prospettiva demartiniana non possa tacere o essere stravolto dalle logiche del mercato. Esso continua a "rispondere" alle nostre angosce. In sintesi penso che sia ancora «quell'opera che vale», come direbbe De Martino, contro l'indifferenza che abita le nostre solitudini urbane.



Può esserci una sottile differenza tra taranta in senso lato, come ballo popolare e tarantismo oppure l'una è prettamente il fondamento dell'altro, cioè del fenomeno nella sua generalità?
Scusami, mi preme precisare una questione fondamentale. La taranta non é la danza. Esso é un simbolo mitico, figlio di una lunghissima plasmazione culturale.
Il ballo è la tarantella, la danza del piccolo regno, é il momento centrale dell'istituto culturale del tarantismo.
Il ballo in realtà é un agone simbolico che vede fronteggiarsi tarantata e taranta al fine di ripristinare nella storia la presenza della donna. La tarantata immagina di calpestare e uccidere, simbolicamente, col piede che batte la danza, l'animale venereo. Per citare Quasimodo: «Passo su passo cerca il suo equilibrio spirituale accerchiando la vertigine su curve musicali sempre più strette fino alla scomparsa dei sensi».

Il tarantismo riguardava soltanto le donne? Se sí, per quale ragione?
Il tarantismo non riguarda solo le donne ma la predominanza del sesso femminile nei casi presi in considerazione da De Martino durante la sua spedizione etnografica del 1959 é da imputare, secondo lo stesso, al «tradizionale regime di esistenza, gravoso di soggezione che le fa sperimentare quotidianamente come il suo operare sia fronteggiato, contraddetto, ridotto, smentito e schiacciato dalle forze irrazionali dominanti».

Viviamo in un mondo dove la globalizzazione spesso tende a sfumare, quasi ad annullare i particolarismi e le tradizioni dei piccoli nuclei sociali. La taranta, però, desta curiosità, stupore, incanto, attirando come un magnete, ogni anno, migliaia di visitatori in Salento. Perché secondo te la stessa cosa non avviene anche nel nostro Cilento, benché ci siano molti elementi di affinità con il Salento? Sfruttiamo poco le nostre tradizioni secondo te?
Mi preme fare un'altra precisazione. Ad annientare e svilire le nostre dignità non é la globalizzazione. Amselle dice che non esiste cultura senza cultura e questo vale per tutte le epoche. Nel senso che l'identità culturale scaturisce da un confronto perenne. Togliamoci dalla testa questi sentimenti esclusivisti che favoriscono il germogliare degli attuali ismi (razzismo, nazionalismo, ecc.). Siamo sempre stati cittadini globali.
La storia degli altri é soprattutto la nostra storia!!! Le minacce al nostro  vivere globale,
al nostro vivere insieme é avanzata dal globalitarismo. L'imperialismo della forma-merce, come lo definisce il filosofo torinese Fusaro, che ci possiede dall'interno modificando i nostri rapporti simbolici.
Ciò detto capisce bene che il verbo sfruttare posto vicino al sostantivo tradizioni non mi piace. Le nostre tradizioni vanno studiate capite e riproposte. Ciò detto sul tarantismo cilentano non si dispone di dati etnografici sufficienti per poter parlare di una sua esistenza anche nel nostro territorio. L'antropologa Annabella Rossi, che accompagnò De Martino nel Salento nel 1959 e che insegnò all'università di Salerno, con la collaborazione di due sue studentesse Patrizia Giannelli e Aurora Milillo, tuttavia si pose la questione che portò anche alla pubblicazione di un testo dal titolo “E il Mondo si fece giallo”. Ma non si può parlare con sicurezza dell'esistenza di un tarantismo cilentano.

Qual è il rapporto con La terra del rimorso di Ernesto De Martino del tuo lavoro? Quali affinità e/o divergenze ci sono?
Il mio elaborato accademico é un umile servitore del complesso lavoro demartiniano, spesso frainteso o criticato con troppa superficialità. Tuttavia le divergenze sono profonde. Il mio lavoro si é svolto su un campo anomalo. Non sono mai stata a Galatina né tantomeno ho registrato interviste. Io sono stata l'informatrice di me stessa. Questo é stato il mio campo, scelto inconsapevolmente a ritroso, al momento dell'impatto col colosso De Martino.

Rispetto ai lavori precedenti sul tarantismo puoi dirci se pensi di aver offerto qualcosa di nuovo agli studi di ricerca?
Sarebbe presuntuoso da parte mia affermare questo!!! La ricerca é bene lasciarla agli antropologi di professione. Per me é solo un interesse.

Una curiosità: balli la pizzica? Sei tarantolata?
Purtroppo i miei piedi rimangono saldamente attaccati al suolo... Non so ballare ma accenno qualche passo.

Oltre alla tesi, ci sono altre pubblicazioni letterarie in cantiere (romanzi, poesie, racconti...)?
Ti posso dire che presso L'Argolibro nel mese di dicembre ho pubblicato una mia poesia nel concorso “Lunedì Poesia”, dal titolo “La carezza della rugiada” (qui la pagina dedicata).

Prospettive future?
Il futuro non esiste ancora, quindi perché parlarne?

Elena, siamo giunti alla conclusione... Più che una risposta a una domanda vorrei una riflessione da giovane, da donna, da studiosa.
Viviamo in un mondo dove il telematico ha letteralmente ucciso il libro cartaceo, la telenovela ha soppiantato il racconto scritto e orale, le forme narrative televisive, ridondanti e consumistiche, fanno sí che il soggetto non ricerchi la scrittura come rifugio o fonte di piacere a causa della presenza ossessiva del virtuale. In questa società la letteratura può ancora salvare il mondo? 
In questo momento storico ad essere sotto scacco é la capacità di vivere criticamente nel mondo.
Se la realtà che mi circonda non suscita in me emozioni e l'altro da me lo riduco a mero oggetto per trastulli asettici nella migliore delle ipotesi o é un individuo che ha la medesima inconsistenza del puro nulla, non scriveremo mai niente. Se si continua in questa direzione per la scrittura e per l'editoria non ci sarà mai spazio!! Ma ecco che ritorna il mio buon De Martino: ognuno di noi ha il dovere di scegliere il proprio posto di combattimento per non passare con tutto ciò che passa. Ognuno di noi che crede fermamente nella politica, nell'arte, nella musica , nella letteratura, nell'antropologia può dare il suo sostanziale contributo per mutare il segno del nostro viver attuale. Da segno negativo di «cose ‘e niente» di De Filippiana memoria a segno positivo di «mamma d'a bellezza» di scotellaria memoria, dove per concludere con il mio De Martino, migliori potremmo essere tutti: noi che cerchiamo e loro che incontriamo.

Qui trovate la pagina dedicata a “Il tarantismo fra tradizioni e connessioni”.

Per contattare Elena Giacobbe: giacobbe.elena@yahoo.it


Per contattare Nello Amato: nello_president@hotmail.it

venerdì 24 marzo 2017

Enzo Marotta a L'ARGOLIBRO




SABATO 25 MARZO ORE 18:30

La libreria indipendente
L'ARGOLIBRO
vi invita al nuovo appuntamento
della Rassegna “A Testa Alta

PRIMAVERA
AD ACQUERELLO
Mostra personale di
ENZO MAROTTA

Festeggiamo la nuova stagione

con nuovi colori…

Interventi musicali a cura
del Maestro 
MARIO CAFARELLI

L'ARGOLIBRO è ad Agropoli 
in Viale Lazio, 16 - Zona sud, adiacente Via Salvo D'Acquisto
Infoline: 3395876415


venerdì 17 marzo 2017

"Quindici anni" di Aradia Detoma a Rutino


Comune di Rutino (SA) - Aula Consiliare
Domenica 19 marzo - Ore 18:00

Il Forum Giovanile di Rutino
vi invita alla presentazione del romanzo
QUINDICI ANNI
di
Aradia Detoma
Edizioni L’ArgoLibro


Introduce:
Anna Stella Botti
Presidente del Forum Giovanile di Rutino

Intervista a cura di:
Milena Esposito
Responsabile Casa editrice / Libreria “L’ArgoLibro”

Letture a cura di:
Mariassunta Ruglio
Annunziata Contente
Alfonso Giordano

Interventi musicali a cura di:
Nello Rizzo

Qui trovate la Pagina Facebook
del Forum Giovanile di Rutino

per leggere tutte le info sull’opera

mercoledì 15 marzo 2017

Le interviste di Nello Amato: Milena Esposito

Le interviste di Nello Amato



Tanti tautogrammi... Tanti “fotogrammi”
Intervista a Milena Esposito



Milena, spiegaci in poche parole chi sei, cosa ami fare e qual è il ruolo della scrittura nella tua vita.

Le definizioni spesso finiscono per diventare etichette e siccome credo che sia difficile poter presentare se stesse, ti rispondo con una citazione di Milan Kundera: “Ma essere, essere è felicità. Essere: trasformarsi in una fontana, in una vasca di pietra, nella quale l'universo cade come una tiepida pioggia”.
Ecco, credo che quanto riportato possa testimoniare ciò che mi piace. Mi piace l'arte e l'armonia, la bellezza, il suono, la musicalità. Mi piace passeggiare e mi piace la pittura e l'arpa celtica, mi piace vivere trasportata dall'onda.
Mi sento specchio di ciò che esiste.
Mi piace essere felice!
La scrittura è per me felicità.


Scegliere il tautogramma come forma e struttura narrativa è molto coraggioso e originale. Anche Eco ha scritto un'opera in tautogrammi. Perché quest’uso narrativo?

Perché è un gioco letterario ed amo il gioco, il gioco mi rende felice. Sai anche cosa mi rende felice? Le bolle di sapone.



Nella presentazione al Circolo della Stampa di Avellino (qui le foto) hai detto che il tuo libro è un insieme di favole antiche, favole che potremmo definire “bozzetti, idilli di epoche passate”; potremmo definirli con un termine contemporaneo “fotogrammi”, fotogrammi narrativi, piccole storie dal significato profondo. Quale di esse ti ha più coinvolto nella stesura?

Mi piace molto questa domanda, grazie per avermela fatta. Mi piace pensare ai fotogrammi antichi come quelli del cinema muto con Lyda Borelli e consiglio a tutti di cercarli su YouTube, secondo me sono dei veri capolavori. Ma tornando alla tua bella domanda posso rispondere che ogni singola fiaba riscritta in tautogramma mi ha coinvolto veramente tanto. Non è facile scrivere con un handicap alla lingua così severo: scrivere un testo le cui parole iniziano tutte con la stessa lettera è complicato, ma divertente e allo stesso tempo molto coinvolgente. Quando si scrive in tautogramma bisogna lavorare con i sinonimi, riflettere, cercare parole simili e tutto il testo diventa umoristico. È un gioco molto coinvolgente, ma forse la fiaba che mi è piaciuta più delle altre è Stufarella, riscrittura di Cenerentola.



Milena, viviamo in un mondo dove il telematico ha letteralmente ucciso il libro cartaceo, la telenovela ha soppiantato il racconto scritto e orale, le forme narrative televisive, ridondanti e consumistiche, fanno sì che il soggetto non ricerchi la scrittura come rifugio o fonte di piacere a causa della presenza ossessiva del virtuale. In questa società la letteratura può ancora salvare il mondo?

Anche questa è una bella domanda, grazie.
Credo che il mondo sia in grande evoluzione e che ci sia un buon fermento, un risveglio celeste.
Ogni cosa che muore ha completato il proprio ciclo vitale.
Il libro non lo ha terminato.
Ciò di cui tu parli è vero e reale, ma è riferibile a quel rovescio della medaglia costituito dalla massificazione che sta velocemente giungendo al proprio declino. La Storia è una buona madre, memoria e maestra dei cicli e dei ricicli.
Come sai organizzo eventi alla Libreria L'ARGOLIBRO e sono consulente editoriale dell'omonima Casa Editrice, il libro non è morto, il libro vive. Sta molto male il libro delle veline, quello del calciatore e quello del ghostwriter. Sta morendo perché la televisione (la grande, le piccole e locali vivono un bel risveglio) lentamente muore. Vive il social e il social alla fine siamo noi.
L'uomo e la donna amano scrivere.
Il social lo dimostra.
Hai fatto caso che Facebook sta lanciando il libro cartaceo di Facebook?
Per me è stata una bella scoperta, la conferma tacita che il libro gode ottima salute.
Ci sono sempre più scrittori e scrittrici.
Quindi il libro non muore.
Muore, però, il lettore.
Si estingue la lettrice.
Siamo nel cambiamento.
Non si dovrebbe mai dire a una bambina (o a un bambino) che i libri sono sciocchezze, guai se ci credesse.
Però io prevedo che i bambini non ci crederanno mai.
Sono i nostri migliori mentori.
Probabilmente saranno proprio loro i nostri lettori e le nostre lettrici migliori.

Ti ringrazio, Nello, per la tua intervista. Sono onorata di averla ricevuta da un bravo scrittore quale tu sei e consiglio vivamente a tutti di leggere i tuoi scritti e di approfondire la tua conoscenza. Grazie!

Qui trovate la pagina dedicata a “Tanti Tautogrammi”. Disegni di Daniela Spoto.

Per contattare Milena Esposito: occhidiargo@hotmail.it

Per contattare Nello Amato: nello_president@hotmail.it

martedì 14 marzo 2017

"Ali Letterarie": la nuova rubrica di Ivana Leone

La Scapigliatura ti “spettina” l’anima
di Ivana Leone



Ci siamo mai chiesti perché viviamo in un determinato modo… per quale motivo rispettiamo determinate regole… perché? E Per quale motivo dobbiamo vivere secondo alcuni schemi!? Tutta questa rigidità potrebbe offuscare il nostro “estro” creativo, non trovate!? :-P
Rompere le “regole prestabilite” mi porta alla mente un movimento artistico-letterario, sto parlando della Scapigliatura. Che cosa si intende per Scapigliatura?
L’aggettivo “scapigliato” , che significa propriamente “con i capelli scomposti, in disordine”, iniziò a circolare in Italia verso la metà dell’Ottocento, per indicare individui dallo stile di vita non conformista e antiborghese, in genere artisti scapestrati. Il termine traduceva in modo approssimativo il francese bohémien, letteralmente “zingaro”, con cui ci si riferiva agli artisti maledetti dell’ambiente parigino.


L’uso di questo termine (Scapigliatura) per indicare una precisa corrente letteraria italiana viene inaugurato dallo scrittore Cletto Arrighi che nel 1862 pubblicò il romanzo La Scapigliatura, che rappresentava appunto l’ambiente turbolento e irrequieto dei giovani artisti milanesi.
Gli autori della scapigliatura si differenziano per la predilezione di temi macabri, cupi, folli, fantastici e proprio a proposito di ciò è di particolare importanza il racconto di Igino Ugo Tarchetti, La lettera U.
Il racconto, La lettera U (manoscritto di un pazzo) costituisce uno degli esempi più interessanti della narrativa scapigliata e della sua speciale attenzione alle situazioni assurde, abnormi, marginali. Il protagonista soffre di una devastante ossessione che lo terrorizza ogni volta che ha a che fare con la lettera U.
Ogni tentativo di superare questo stato di incubo risulterà vano e il personaggio, divenuto pazzo, morirà in manicomio. Il racconto viene presentato sotto forma di diario manoscritto, in modo da proporre una storia vera, spiegabile scientificamente (o quanto meno, documentabile) pur nella sua assurdità. La scrittura di Tarchetti riproduce fedelmente la crescente alienazione del protagonista: l’ossessività delle ripetizioni e l’introduzione di una rilevante innovazione grafica, la riproduzione della lettera U in grandezze differenti, corrispondono allo sviluppo dell’ossessione nella psiche.
Il protagonista del racconto concepisce per questa vocale un’avversione tale da abbandonare una dopo l’altra tre donne, che pure amava, colpevoli però di portare un nome nel quale figura la U. Alla fine l’uomo si rassegna: ne sposa una, Ulrica, fiducioso di poterla convincere, un giorno, a cambiare nome. Non ci riesce, però. E allora colpisce rabbiosamente la moglie, fino a essere ricoverato in un manicomio, dove si spegnerà senza più vincere questa ossessione per la U.

Proprio all’inizio del racconto la serie di domande ci rivela subito la condizione alterata dell’io narrante. Man mano che la narrazione procede, l’alterazione diviene vera e propria ossessione psichica. La scrittura riproduce tale ossessione ripetendo i medesimi aggettivi e infittendo le domande. Sono espedienti con i quali l’io narrante vuole portare il suo interlocutore, il potenziale lettore del suo manoscritto, sul suo stesso terreno, mostrandogli tutti gli orrori provocati dalla lettera U: precisamente tale movimento di ricerca di consenso caratterizza la prima parte del racconto.
Nella seconda parte, l’io narrante passa a raccontare la propria vita: l’obiettivo, qui, non è più far aderire il lettore alle proprie convinzioni, quanto mostrare il crescere del terrore per la lettera U. La narrazione assume tratti paradossali e grotteschi, come rivela la scelta della moglie in rapporto al nome. Nel finale il protagonista raggiunge l’apice della follia: arriva a ergersi a salvatore (incompreso) del mondo, considerando ingrati coloro che non lo capiscono e lo giudicano pazzo. Perciò le frasi diventano sentenziose e perentorie; si moltiplicano inoltre i punti esclamativi, già ampiamente ricorrenti nella prima parte del racconto. Importante è poi l’ultima frase: il narratore esterno riprende il sopravvento e riporta il racconto a una dimensione di normalità. Il punto di vista è ora quello scientifico, di chi annota tutta l’infelicità connessa a una condizione di malattia mentale: la secchezza dell’osservazione sembra quella del medico che chiude la cartella clinica.


A ventidue anni, con tante belle idee nel capo, con tanti affetti nel cuore doversi seppellire tra le mura di un ufficio e contemplare il sole di maggio attraverso le gretole di una persiana! L' infimo degli insetti, che ronza nella mia camera, l’infimo uccello che canta in un piccolo giardino del cortile sono infinitamente di me più felici; essi vengono, vanno, vedono il sole, contemplano la natura; io darei tutta la mia vita per una sola delle loro giornate!                   Igino Ugo Tarchetti


Per contattare Ivana Leone: ivanaleone87@hotmail.it


Dal Segnalibro di marzo
(Cliccare sull'immagine per ingrandirla)

lunedì 13 marzo 2017

P. P. Pasolini: un nuovo appuntamento a L'ARGOLIBRO


Sabato 18 marzo ore 18:30
Libreria L’ArgoLibro
Agropoli (SA)

‘Nzallanuto
ovvero io, Pasolini e noi italiani

Spettacolo multimediale
di e con Giulio Ripa

“Io, Pasolini e noi italiani” è uno spettacolo multimediale che si gioca nel ritrovare il filo della memoria che si sta perdendo.
Scriveva Paolini: “Noi, quando ricordiamo o quando sogniamo, giriamo dentro di noi dei piccoli film”. Attraverso i ricordi si rivivono le immagini e le storie di un passato che non passa.
Le problematiche irrisolte, sottolineate con forza dal poeta-profeta come “Niente di più feroce della banalissima televisione”, l'anarchia del potere e la mutazione antropologica degli italiani, si con-fondono nello spettacolo tra ricordo e sogno, presente e passato, immagine e parola:

- La televisione è vissuta come un Totem, entità al quale ci si sente legati per tutta la vita.
Il culto della tv e dei mass media in generale, come pratica religiosa tribale, si avvicina al concetto di "possessione volontaria" poiché gli spettatori entrano in un contatto così profondo con lo "spirito" della Televisione-Totem da esserne "soggiogati".
Autocompiacimento e narcisismo dello spettatore nel credersi protagonista del palinsesto tv, portano la popolazione televisiva alla condizione di burattini manovrati da una informazione che ci rappresenta una realtà deformata e deformante.

- L'anarchia del potere di oggi si presta alle amare considerazioni che Pasolini faceva allora sul rapporto tra il potere dei forti e i deboli che ad esso sono sottoposti; la fine dell’umanesimo superato e sostituito dalla civiltà tecnologica; la lotta di classe che si sarebbe logorata solo sulle differenze economiche e non più sul piano culturale, compreso il modo di produrre e consumare.

- La mutazione antropologica provocata dall'edonismo consumistico, inteso come sistema totalizzante basato sulla ricerca del piacere individuale fine a se stesso, mediante il consumo smisurato di cose, ha cambiato  il modo di vita degli italiani cioè ideali, valori, comportamenti e rapporti sociali. “La tragedia è che non ci sono più esseri umani, ci sono strane macchine che sbattono l’una contro l’altra”.

L’ARGOLIBRO è ad Agropoli
in Viale Lazio 16
(zona sud, adiac. Via Salvo D’Acquisto,
nei pressi del Centro per l’Impiego)
Infoline: 3395876415

L’ARGOLIBRO è:
Libreria indipendente
Casa editrice
Eventi artistici e culturali