martedì 19 gennaio 2016

"L’orologio di Königsberg": la recensione di Lucia Capo



Sabato scorso presso la libreria indipendente L'ArgoLibro ad Agropoli è stato presentato il saggio "L’orologio di Königsberg" dell'Avvocato Lucio Mercogliano; qui trovate le foto dell'incontro. Ecco la recensione critica della Professoressa Lucia Capo.

Lucio Mercogliano, L’orologio di Königsberg, Editore “Il Saggio” - Eboli 2014.
Recensione di Lucia Capo

Nell’opera L’orologio di Königsberg, Lucio Mercogliano suddivide tutta l’attività letteraria di Kant in due periodi principali: l’uno va dal 1746 al 1770, l’altro dal 1770 alla morte del filosofo (1804) o , se si crede, al 1798, data dell’Antropologia, ultima opera da lui pubblicata.
Il 1770 segna il passaggio dal periodo precritico al periodo critico della speculazione Kantiana con la dissertazione De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis, scritta dal filosofo per ottenere la cattedra di Ordinario di Logica e Metafisica all’Università di Könisberg. Nella dissertazione Kant si stacca dalla filosofia Leibniziana, distinguendo nettamente la conoscenza sensibile dalla conoscenza intellettuale: quella dei fenomeni, questa dei noumeni., abbozzando quell’Estetica trascendentale che sarà il fondamento della Critica della Ragion Pura: mostrando, cioè, come ogni conoscenza sensibile risulti dalla materia o sensazione e presuppone la presenza di un elemento sensibile, e dalla forma onde la mente umana coordina e unifica nello spazio e nel tempo il molteplice della sensazione , costituendo la vera e propria esperienza. Dall’uso logico si distingue l’uso reale dell’intelletto, che non serve più alla elaborazione concettuale della conoscenza sensibile ma alla produzione di una conoscenza nuova, indipendente dall’esperienza, la Metafisica.
Questa è la dottrina del puro intelletto o delle idee pure che non derivano dall’esperienza ma costituiscono la natura stessa dell’intelletto puro e, quindi, le sue leggi necessarie operanti nell’uso logico. Questa dottrina delle idee pure o intellezione reale, dà la conoscenza delle cose in sé o dei Noumeni, il cui principio è Dio.
In questa dissertazione, la scienza è scienza del mondo sensibile e scienza del mondo intelligibile: esperienza e metafisica.
Ben presto dalla nebulosa cominciò a staccarsi e a prender corpo la questione fondamentale: la Teoretica.
In una importantissima lettera del 21 febbraio 1772 Kant scrive al suo amico Hertz: <<Percorrendo col pensiero la parte teoretica in tutta la sua estensione nei rapporti reciproci dei vari elementi fra loro, mi sono accorto, che a me manca tuttavia qualcosa di essenziale, a cui, come gli altri, neanche io nel corso delle mie ricerche metafisiche, avevo posto mai attenzione e che in realtà è la chiave di tutto il segreto della Metafisica rimasta finora un mistero. Io, cioè, mi sono chiesto su quale base è fondato il rapporto di ciò, che si dice in noi, rappresentazione con l’oggetto?>>.
Leggendo la Critica della Ragion Pura, se ne avverte la novità rivoluzionaria e l’enigmatica ricchezza. Vi si individua una polarità di interpretazioni: da una parte il carattere eversivo dell’opera in campo metafisico e teologico, dall’altra si prospetta la conciliabilità riguardo al contenuto. In una prima Critica si può scorgere: un soggettivismo estremo (spazio e tempo); un risoluto idealismo che riduce l’Essere e gli enti a fenomeni di coscienza; un nuovo scetticismo esprimentesi nella negazione della Metafisica; un razionalismo più radicale di quello illuminista e forse anche un implicito esito panteista.
Alcuni filosofi hanno creduto di poter dare un’interpretazione più attuale, sottolineando in Kant la dimostrazione dei limiti della conoscenza umana, la rivelazione di certe strutture formali dell’attività soggettiva, il riconoscimento della necessità dei dati empirici perché la conoscenza avesse un contenuto, la giustificazione della scienza fisico-matematica, la frantumazione del materialismo.
Si capisce che con questa opera si ha una posizione nuova del problema Io-Dio-Mondo; e con stupore troviamo, nell’asciutto professore di Könisberg, l’interprete geniale dei fermenti e dei segreti più profondi della nuova epoca.
Dall’interpretazione del filosofo Reinhold si evince la confessione di aver trovato nello studio di Kant la medicina per superare <<l’infelice alternativa tra superstizione ed incredulità>>. Una novità nelle sorti dell’esegesi kantiana è segnata dal movimento di ritorno a Kant che avviene poco dopo la metà dell’Ottocento.
Perché si sentì il bisogno di ritornare a Kant? Per il vuoto lasciato dal declino della speculazione idealistica non certo colmato dai tentativi sistematici di correnti filosofiche minori. Fra i giovani filosofi , un certo numero capì che se c’era un intellettuale a cui ricorrere per salvare la filosofia, questo non poteva essere che Kant.
La sua teoria richiamava la Metafisica ma anche la realtà immanente e incarnava un criticismo capace di smontare ideologie e concezioni dogmatiche.
Essenziale in Kant è la scoperta del Trascendentale, il complesso delle forme o condizioni o funzioni a priori soggettive.
Nella Scuola di Marburg, c’è un rifluire di Platone in Kant: Criticismo e Idealismo intimamente collegati; in maniera nuova, perché nell’Idealismo si pone l’accento, non tanto sulla riduzione al fenomeno o idea della realtà extrasoggettiva quanto sulla forza costitutiva e regolativa dei metodi e degli ideali, così il Trascendentale si avvicina ai Trascendentali della pre-kantiana filosofia tradizionale, in quanto investe e promuove il compito infinito delle attività spirituali.
Più elastica è l’espansione del pensiero di Ernst Cassirer (1874-1945). Egli cominciò con lo studio della teoria del problema della conoscenza nell’epoca moderna, iniziando con la connessione della filosofia con tutti i fenomeni e i problemi culturali ma con l’occhio alla scienza e con particolare riguardo ai fondamenti della scienza matematica e fisica, sapendo che in Kant la conoscenza acquista la formale consapevolezza critica e metodologica di se stessa.
Da considerare, ancora, la scelta metafisico-ontologica di Nicolai Artmann. Egli crede di poter prendere in parola Kant a proposito della formulazione del principio supremo dei giudizi sintetici, nel senso di una ammissione della identità di categorie della conoscenza e categorie dell’Essere. Abbiamo Kant anche nei riflessi dell’Esistenzialismo e la chiave del pensiero di Heidegger e della sua interpretazione-ermeneusi del filosofo di Königsberg, è il modo in cui egli sviluppa il punto di vista trascendentale.
Non hanno interesse per lui gli enti, ma l’Essere, non l’ articolata ricchezza della conoscenza ontica a posteriori, campo delle scienze, ma l’ontologia fondamentale a priori.
Non è forse questa la radicalizzazione del formalismo kantiano?
Il segreto kantiano è per Heidegger una ontologia fondamentale in cui si rivela la struttura dell’uomo, l’ente fra gli enti aperto all’Essere, segreto che bisogna scoprire sotto la divulgata impalcatura della oggettivazione scientifica e della fondamentazione della scienza fisico-matematica nella Critica dalla Ragion Pura, il cui vero centro è da ravvisare nella teoria dello schematismo e della immaginazione trascendentale con la sua radice nell’atto originario della temporalizzazione.
La Critica fece luce ad un tratto. Ciò che Kant ha chiamato la “Rivoluzione del modo di pensare”, la svolta copernicana del problema della conoscenza è compiuta. Kant spiega che, chiama trascendentale ogni conoscenza che si occupa , non tanto di oggetti, ma della nostra maniera di conoscere oggetti in genere, in quanto, questa, deve essere possibile a priori.
Lo stesso pensiero della libertà non può, per sé preso, essere chiamato trascendentale, perché questa denominazione deve rimanere riservata alla conoscenza fondata sulle proprietà del Dovere e quindi l’intera struttura del regno del Sollen.
La soggettività non significa altro che quello che dice in genere la svolta copernicana; essa indica la partenza non dall’oggetto ma da una specifica legislazione della conoscenza alla quale deve venir ricondotta una forma determinata di oggettività.
Il Criticismo è un mare che viene alimentato da due grandi correnti: una è la nuova scienza della Natura, l’altra è la vecchia Ontologia.
Lo scopo della Teoretica kantiana è quello di mostrare l’intima connessione tra ontologia e teoria della scienza che è una prova della inesauribilità e del segno del suo genio.
Lucio Mercogliano ci ha mostrato il pensatore più profondo ed avanzato della cultura individualista della borghesia classica; ed è precisamente grazie a questa lucidità che Kant , dice l’autore, ha potuto compiere i passi decisivi verso una nuova categoria filosofica, quella dell’Universo e del Tutto, ed aprire così la via allo sviluppo della filosofia moderna.
Egli conosceva ciò che il pensiero borghese conteneva di non-storico e di quanto fosse consapevole dell’eterno valore umano della libertà che ha difeso con tutte le sue forze contro la mistica del sentimento e della intuizione.
Kant, come sostiene Mercogliano, sembra essere il primo pensatore moderno che abbia nuovamente riconosciuto l’importanza della Totalità come categoria fondamentale dell’esistenza, categoria che, per lui, ha tuttavia conservato un carattere problematico.
L’importanza di Kant, consiste innanzitutto nel fatto che , da una parte il suo pensiero esprime le concezioni individualiste e atomiste del mondo, tolte ai suoi predecessori e spinte sino alle loro ultime conseguenze e che, proprio perciò, urta contro i loro limiti, per lui i limiti dell’esistenza umana, del pensiero e dell’azione dell’uomo; dall’altra parte il filosofo non si ferma alla constatazione di tali limiti ma si avvia verso l’integrazione della seconda categoria, il Tutto.
L’Universo kantiano apre la via ad una evoluzione ulteriore che attraverso Fichte, Hegel, Marx è pervenuta fino a Sartre, Heidegger, Luckacs, sino al pluralismo francese moderno, sino al marxismo contemporaneo.
Alle filosofie contemplative dell’Io, da Descartes a Kant, alla filosofia attiva dell’Io del giovane Fichte, alle filosofie moderne dell’angoscia e della disperazione Lucio Mercogliano aggiunge una filosofia del Noi che perverrebbe a superare l’opposizione di contemplazione e azione, di individuo e comunità.
La filosofia della storia di Kant è divenuta in Rickert una elaborazione dei concetti delle scienze storiche e umane. In Kant, infatti, tutte le categorie erano orientate verso l’Avvenire.
Le idee fondamentali della filosofia della storia come “la società dei cittadini del mondo”, la “pace eterna”, sono scomparse e sono state sostitute da una filosofia dei valori. La differenza tra “Universitas e Universalitas”, fra “Totalità ed Universalità” a priori costituisce una delle pietre angolari della Teoretica.
L’Universalità a priori è ciò che caratterizza l’uomo dato, limitato. Determinare le sue possibilità e i suoi limiti è uno dei compiti più importanti della filosofia critica. L’Universitas non è data, oggi, che sul piano formale (spazio e tempo), e non potrebbe trovare la sua completa realizzazione che in uno stato superiore, sovrasensibile, nell’intelletto archetipo, nella volontà santa, nella conoscenza della cosa in sé. Resta da sapere, perché noi dobbiamo credere non ad una realizzazione umana, storica e immanente nell’avvenire, ma in una realizzazione sovrumana e soprannaturale nell’eternità? E la volontà morale? Kant porta con sé il nuovo mondo e considera la coscienza del dovere come l’unica e vera rivelazione metafisica come la sola conoscenza che abbiamo dell’intelligibile.
L’esigenza di ricondurre ad unità i due aspetti del dinamismo umano, che si evince nella prassi (dovere e inclinazione) e nella conoscenza (azione della forma e recezione del contenuto) è viva in Kant, come lo era stata in Tommaso D’Aquino; ma profondamente diversi sono i risultati nei loro tentativi di spiegazione e conciliazione. Per Kant Dio, visto come “Dio-Umanità, è chiuso e confinato nell’uomo, Deus in nobis, e quindi l’oscillazione tra il ricevere e il fare deve spaccarsi nella opposizione radicalmente luterana del giudizio dell’inavvicinabile Divinità, sulla creatura che vuole farsi Dio del giudizio, con cui il Dio solo danna l’uomo intimamente affetto dal peccato originale.
In conclusione Lucio Mercogliano ci presenta una biografia che non è solo la biografia di un uomo e di una mente ma la biografia di un problema vivo, che nasce, matura e si espande: il Criticismo. L’autore ci ha aperto il mondo della filosofia come un mondo pieno di segreti e di sorprese, facendoci capire che il tempo porta con sé molte più incognite che certezze e si allarga la zona d’ombra che più sarà illuminata e maggiori saranno le onde… dell’indagine filosofica.
Professoressa Lucia Capo


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