martedì 29 agosto 2023

Roberto Vannacci: “Il mondo al contrario”. Commento di Michele Di Lieto



Non ho letto né intendo leggere “Il mondo al contrario”, il libro del generale Roberto Vannacci, che tante polemiche ha provocato, e sta provocando nel nostro Paese. So bene che altri hanno esordito con le stesse parole. Ma è stata la prima idea che mi è venuta in mente quando la polemica è scoppiata: il sospetto che il clamore mediatico suscitato dalla pubblicazione potesse servire al generale (che, quanto a libri, è alla sua prima esperienza), per divulgare e vendere il libro.  Dopo, ne sono venute altre (di idee) mano a mano che i giornali pubblicavano recensioni, commenti, giudizi, forse anche affrettati (da chi, come me, non ha letto, né vuole leggere il libro). Anche perché il “non voglio” vale nulla o poco più quando si viene sopraffatti da una marea di recensioni, commenti, giudizi che veicolano il pensiero dell’Autore attraverso citazioni tratte dalla quarta di copertina, dalla nota preliminare, dall’introduzione, da interi passi del libro, quando non dal libro intero, pubblicato da “La voce del Trentino” il 18 di agosto, quasi in contemporanea   dell’uscita su  “la Repubblica” (che poi tornerà sull’argomento con un articolo di Ilvo Diamanti il 25). Preferisco invece soffermarmi su un aspetto che non mi sembra adeguatamente valutato. È stato detto, e si continua a ripetere, che il libro è stato autoprodotto, e costituisce un esempio di self publishing, sistema che riversa sull’autore i costi e i rischi di una pubblicazione senza l’intervento di una casa editrice: e questo a partire dalla stesura del libro alla revisione, dalla correzione delle bozze alla stampa vera e propria. Tutti danno però per scontato, nel caso del generale Vannacci, l’intervento di Amazon, colosso del’e-commerce (nato, si badi, proprio per la vendita di libri), che ha curato la messa in vendita, la promozione, la pubblicazione e-book (consentita da Amazon anche per il self publishing). Delle attività anteriori alla pubblicazione non sappiamo nulla: andrei però cauto nell’interpretazione del termine ‘autoprodotto’, che può suscitare valutazioni eccessive (ma come avrà fatto il Generale a fare tutto quello che ha fatto in pochissimi giorni, dall’annuncio su “la Repubblica” ai sette giorni successivi).

Fatta questa premessa, veniamo al sodo. Che cosa ha scritto Roberto Vannacci di così intrigante da suscitare un vespaio di reazioni, positive e negative, nel mondo politico (e non solo politico) del nostro Paese?  Diciamo subito che “Il mondo al contrario” è un libro controcorrente: non nel senso, comunemente usato, che oppone una corrente all’altra, normalmente la minoritaria alla maggioritaria, ma nel senso meno comune che separa il mondo di oggi dal mondo di ieri, ed è al mondo di ieri che vanno le simpatie dell’Autore. Roberto Vannacci lancia una serie di accuse contro il mondo di oggi, colpevole, secondo il generale, di avere monopolizzato l’informazione a nome di una corrente (minoritaria) e di aver ridotto l’altra (numericamente maggioritaria) a una massa di gente senza voce in capitolo. È di questa voce contraria, di questa minoranza (o maggioranza, a seconda dei punti di vista) che si fa portavoce il generale Vannacci.  

Per quanto riguarda i destinatari, è lo stesso autore che ci viene in aiuto, prima consigliando la lettura “a un pubblico adulto e maturo in grado di comprendere gli argomenti proposti”, poi ponendo l’accento sulle categorie contestate: immigrati, appartenenti a diverse etnie “per non dire razze” (annota lo stesso autore), ambientalisti, femministe, omosessuali, come sono visti oggi, e com’erano visti ieri, secondo una cultura mai scomparsa, e oggi soffocata. Scrive Vannacci:  “Basta aprire quella serratura di sicurezza a cinque mandate che una minoranza di delinquenti ci ha imposto di montare sul nostro portone di casa per inoltrarci in una città in cui un’altra minoranza di maleducati graffitari imbratta muri e monumenti, sperando poi di non incappare in una manifestazione di un’ulteriore minoranza che, per lottare contro una vaticinata apocalisse climatica e contro i provvedimenti già presi e stabiliti dalla maggioranza, blocca il traffico e crea disagio all’intera collettività. I dibattiti non parlano che di diritti, soprattutto delle minoranze: di chi asserisce di non trovare lavoro, e deve essere mantenuto dalla moltitudine che il lavoro si è data da fare per trovarlo”.  

Col che sono anche delineati i temi affrontati in questo volume. Il generale Vannacci lo fa (per quello che appare dalle recensioni che si susseguono di ora in ora), in maniera cruda, rozza, aggressiva (“minoranza di delinquenti”, “apocalisse climatica”, presunti “diritti delle minoranze”), non lascia spazio a voci contrarie, e sembra far prevalere la veste militare sulla bontà della scrittura, l’attitudine al comando all’umiltà della narrazione. Degli immigrati (evidentemente irregolari) dice che fingono di fuggire dalla guerra o dalla fame perché altrimenti si fermerebbero prima e non arriverebbero in Italia”. Si chiede dove ci porteranno “i devastati mentali del culturalismo”, “delinquenti etnici”. Parla agli omosessuali e dice: “Cari omosessuali, normali non lo siete. Fatevene una ragione”. “Le coppie arcobaleno non sono normali. La normalità è l’eterosessualità”. Del Gay Pride segnala le “sconcezze, stravaganze, blasfemie e turpitudini”, oltre a “nudità volgari ed effusioni erotiche nebulizzate” qua e là per il corteo. Parla delle femministe come di “moderne fattucchiere”. Attacca la campionessa italiana di volley, Paola Egonu, scrivendo:”Italiana di cittadinanza, ma è evidente che i suoi tratti somatici  non rappresentano l’italianità”. Si oppone al modello di famiglia “allargata” e difende la famiglia “tradizionale”. Con un rimpianto del passato, della cultura tramandata dagli avi, degli usi e delle tradizioni antiche: una sorta di laudatio temporis acti che, se non fosse fuori tempo e fuori luogo, meriterebbe maggiore fortuna. Giudica l’ambientalismo attività “da strapazzo”, “zavorra ideologica”, gli ambientalisti dei “talebani”, “forsennati dell’ambiente”. Considera “totalmente errata” l’idea che l’inquinamento sia dovuto ai paesi ricchi, alle loro industrie, ai loro sistemi produttivi. Lamenta il ricorso sempre più frequente alle lingue straniere che costringe a chiamare gay quelli che negli antichi dizionari venivano chiamati coi più svariati nomi. Ne fa un elenco, che risparmio al lettore.

Razzismo, omofobia, estremismo, questa l’accusa più frequente che viene fatta al generale Vannacci. Che si difende invocando libertà di espressione. Ma la libertà di espressione (art. 21 Cost.) non ha valore assoluto: essa deve essere coordinata con altri principi costituzionali, primo fra tutti quello proclamato dall’art. 3 che sancisce la dignità e l’eguaglianza tra le persone senza distinzioni di razza. Questa comparazione va fatta dal giudice, non da Vittorio Sgarbi. Non sembra pertanto corretto sostenere che “nella garanzia dei diritti non ci sono gerarchie”, e che deve essere consentito a chiunque di manifestare in un libro le proprie idee, “tra l’altro legate a profondi principi cristiani”, senza patire sanzioni (Sgarbi). Ora, io non vorrei imbarcarmi in questioni di merito che implicano un esame più approfondito di quanto mi sia consentito da una frettolosa ricerca. Ma io non so come si faccia a difendere dall’accusa di razzismo chi sostiene che Paola Egonu è sì una cittadina italiana, “ma i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità”, e vorrei sapere (da Sgarbi) quali sono i principi cristiani ai quali Vannacci si sarebbe ispirato. Del resto, come avrebbe potuto esprimere opinioni diverse in materia di razza chi rivendica il diritto all’odio e allo sprezzo, e confessa che fin dalla più tenera età, in metrò a Parigi, poggiava volutamente le sue mani su quelle dei neri “per capire se la loro pelle fosse dura e rugosa come la nostra”? Certamente il problema della coesistenza tra razze diverse è un problema serio, che non può essere risolto con battute da bar. È un problema anche per gli Stati Uniti, dove è nato fin dal tempo dei colonizzatori spagnoli, non è mai cessato, e divide ancora Trump e Biden, repubblicani e democratici statunitensi. Ma la soluzione dovrebbe tendere all’eguaglianza, non alla supremazia dell’una razza sull’altra, come sembra di scorgere nelle parole del generale Vannacci, quando difende l’italianità della razza, e si vanta di avere nelle vene lo stesso sangue di Cesare.

Un’ultima osservazione, e riguarda l’opportunità della pubblicazione. Roberto Vannacci non è un quisque de populo, ma un generale dell’Esercito al comando dell’Istituto Geografico Militare di Firenze fino a che non è scoppiato il caso. A giudicare dalla cautela della nota introduttiva, egli stesso ha pensato che “Il mondo al contrario” avrebbe potuto provocare le più svariate polemiche: che sono scoppiate dividendo gli italiani in due, centro destra (Salvini in primis) e centrosinistra (Fassino ed altri). Oltre alle cariche militari seguite a una strepitosa carriera, il generale Vannacci (55 anni) ha alle spalle tre lauree e vari corsi di specializzazione. È dotato, o dovrebbe essere dotato, di buona cultura. Avrebbe dovuto pertanto evitare di rendere pubbliche le sue opinioni, soprattutto se dissonanti dalla vulgata comune: quella perseguita e faticosamente conquistata da chi è arrivato a quello che non solo si chiama, ma è il progresso civile. Avrebbe dovuto il generale Vannacci ricordare a sé stesso che un’alta autorità dello Stato deve sempre garantire una terzietà, una imparzialità di giudizio in qualsiasi campo si trovi ad operare. Se la sentirebbe il generale di giudicare l’allievo della scuola militare che volutamente non avesse letto il libro o, peggio, non ne condividesse il contenuto? Un’alta autorità dello Stato non può decidere di diffondere, con un battage pubblicitario senza precedenti (il libro è primo nella classifica dei libri venduti di Amazon), idee superate dai tempi, che continuano ad essere divisive. Il generale Vannacci è stato sottoposto a procedimento disciplinare. Non mi interessano gli aspetti legali. Ne faccio una questione di opportunità. E penso che il generale Vannacci avrebbe fatto meglio a tenere per sé quello che pensa. Almeno fino a che sarà Generale.  Dopo potrà fare tutto quello che vuole, anche politica. Gli auguriamo buona fortuna.

(Michele Di Lieto)

 


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