Mi
sono più volte occupato nel corso degli anni di Papa Francesco. Sia perché Papa
Francesco è il Papa dei deboli, degli oppressi, un Papa di sinistra, sia perché
Papa Francesco si eleva di là dalla modestia che caratterizza tutti indistintamente
gli uomini di governo del nostro Paese, e nei miei libri “storici” (si occupano
prevalentemente di storia degli ultimi tempi) merita un posto di tutto rispetto.
Credo tuttavia che Francesco sappia fare il Papa più di quanto sappia fare il politico.
Prendiamo ad esempio la guerra russo-ucraina. Quando è scoppiata, e tutti
parlavano di invasione, di territorio invaso, di aggressore e aggredito, è
sembrato che papa Francesco non fosse restio a valutare le ragioni, oltre che
dell’aggredito (Ucraina), anche dell’aggressore (la Nato): a sentire, come si
dice, l’altra campana. Papa Francesco aveva egli stesso alimentato questa
sensazione, accusando la Nato di avere facilitato se non provocato il conflitto
“abbaiando come un cane alle porte della Russia”. L’accusa, contenuta in una
intervista al Corriere, era stata accolta con favore dai russi, con molte
perplessità dagli ucraini, secondo i quali Papa Francesco, ponendo sullo stesso
piano la Russia di Putin e la Nato, strumento di guerra degli USA, avrebbe
fatto un grosso piacere all’altra parte in causa. Interpretazione,
quest’ultima, non del tutto scorretta: perché, anche a voler riportare, come
papa Francesco riporta indietro nel tempo questa sensazione, ne verrebbe
rafforzata non sminuita la tesi che la guerra sia stata provocata non solo da Putin
ma da Putin e dalla Nato messi insieme. In ogni caso, è dall’inizio del
conflitto che comincia, da parte di papa Francesco un balletto di posizioni, un
alternarsi di dichiarazioni pro e contro Ucraina, che avrebbe fatto dire a qualcuno
che la politica del Papa, oscillante ed ambigua, difficile da decifrare, non
avrebbe neppure favorito la pace, in nome della quale il Vescovo di Roma si è
mosso e si muove ancora. Né pare che un passo ulteriore, una adesione decisa in
favore dell’Ucraina o della Russia, sia stato fatto dopo. Perché papa Francesco
condanna la guerra, “iniziata da Putin” come “moralmente ingiusta”, invoca la pace,
la guerra essendo il male assoluto, si offre per mediare ed ottenere un accordo
tra le parti; ma quanto alle cause del conflitto, non ha cambiato idea. Ancora oggi
Papa Francesco sostiene che non si può dividere il mondo tra buoni e cattivi,
addossando agli uni le colpe, dichiarandone esenti gli altri; e quando proprio
sembra che voglia cambiare parere, si scatena la bagarre, alimentata da Russia o
Ucraina, a seconda che il passo del Papa possa essere interpretato a favore dell’una
o dell’altra. Particolarmente reattiva sembra l’Ucraina che ha scatenato più di
un incidente diplomatico contro la Santa Sede e un altro stava per scatenare qualche
giorno fa per certe dichiarazioni di Papa Francesco. Vediamo che è successo. In
un discorso sembra a braccio, in collegamento video con San Pietroburgo papa
Francesco, rivolgendosi ai giovani cattolici russi là convenuti in occasione
della Giornata della Gioventù, ha esortato i giovani fedeli a non dimenticare
la Russia del passato. “Voi siete eredi della grande Russia”: la grande Russia
dei santi, dei governanti, la grande Russia di Pietro il Grande, di Caterina la
Grande, di quel grande impero illuminato, di grande cultura e umanità”. Non
l’avesse mai fatto. È stato accusato di “propaganda imperialista”, di avere
esaltato la “grande” Russia, invece di aprire gli occhi dei giovani sul corso
distruttivo della Russia di Putin. Io non so se la difesa del papa, assunta
dalla nunziatura apostolica di Kiev (che denuncia le interpretazioni erronee
del testo, e rivendica a papa Francesco il ruolo di oppositore a qualsiasi
forma di imperialismo), possa giovare al Pontefice. Forse si poteva fare di più e di diverso:
reclamando ad esempio il diritto del Papa di esprimere un giudizio (ammesso che
si possa cogliere un giudizio storico nelle parole del Papa) sul passato (la
Grande Russia) che non vale ad attribuirgli il ruolo né di difensore, né di
oppositore agli imperialismi. La cosa mi ricorda quello che è successo a Milano
agli inizi del conflitto, quando la Bicocca sospese un corso universitario su
Dostoevskij per non fare un torto agli ucraini. La decisione, peraltro
revocata, suscitò scalpore negli ambienti accademici (e non solo) per il potere
attribuito alla guerra appena iniziata di oscurare un grande della letteratura.
Mutatis mutandis il discorso del Papa
potrebbe avere, a seguire i soloni della Bicocca, un effetto pari a quello che
avrebbe avuto il corso di lezioni su Dostoevskij, se la decisione non fosse
stata revocata. Vero è che, come non avrebbe fatto un torto a chicchessia un
corso di lezioni su un grande della letteratura, così non può fare, né ha fatto
un torto alla Ucraina il passo del discorso di papa Francesco sullo zar e la
zarina, e ha esortato i giovani russi a non dimenticare la storia del passato. Resta
il fatto che la frase di Papa Francesco è apparsa ai più inopportuna. Se ne
sarà accorto lo stesso papa, o il suo entourage, quando, rendendo pubblico il
discorso per la traduzione, hanno espunto il passo incriminato (che è stato
comunque divulgato). Soprattutto è andata storta agli ucraini la citazione di
due Grandi, Pietro e Caterina, che ebbero sì interessi lato sensu culturali, ma
fondarono, l’uno e l’altra, l’impero zarista, facendo della Russia il Paese più
potente dell’est europeo (il che non avvenne senza guerre e progetti imperiali).
lnsomma, papa Francesco avrebbe potuto fare a meno di imbarcarsi in un discorso
storico, che avrebbe suscitato, come ha suscitato, la reazione ucraina. Della
quale il Pontefice, è rimasto “irritato”. Era il meno (ma si tratta di un
eufemismo) che potesse opporre agli ucraini un uomo, come Papa Francesco, che
più volte ha condannato l’invasione (russa), l’occupazione del territorio
invaso (l’Ucraina), ha ricordato le distruzioni e i morti civili (ucraini), ha
condannato la guerra, ha invocato la pace. È vero
che Papa Francesco ha sempre tentato di avvicinare le parti in conflitto,
assumendo quella posizione ondivaga di cui si è detto prima, ma la tattica
della equidistanza non paga. Anche perché non è facile istituire un confronto
tra le ambizioni ucraine e quelle russe, che sono pari. Gli ucraini, e per essi gli USA, intendono
vincere la guerra, i russi vogliono vincerla loro. Il fatto è che papa
Francesco non crede, o non crede del tutto, che dietro gli ucraini ci siano gli
USA, dietro Zelenskj ci sia Biden. Se questo appare agli occhi di tutti, papa
Francesco non potrà non ammettere che qualsiasi sforzo di pace è destinato a fallire,
se allo stesso tavolo non siederà il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, finora
convitato di pietra. Che dire? Che negli
ultimi giorni, nelle ultime ore, le posizioni delle parti sembrano essersi
ammorbidite. In particolare sembra
diventata più tollerante la posizione di Zelenskj, Capo ucraino, che non si è
detto contrario a una soluzione politica della vertenza che abbracci anche le
sorti della Crimea. Quanto ai russi, Putin, sia pure con molte oscillazioni, si
è dichiarato in passato favorevole e sembra oggi più che mai favorevole al dialogo
che porti alla pace. Quale che sia la
causa, certo è che russi e ucraini sembrano oggi più disponibili di quanto non
fossero ieri. Se questo fosse vero, ne trarrebbe vantaggio anche papa
Francesco, avrebbe maggiori possibilità di successo la sua mediazione. E
nessuno più potrebbe rimproverargli di fare propaganda all’imperialismo,
provocando una polemica assurda della quale non c’era bisogno.
Michele
Di Lieto
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