Ecco la
recensione che la Professoressa
Annamaria Perrotta ha dedicato alla silloge "Raccolgo pezzi di ali" di Fabio
Aloise, Edizioni L’ArgoLibro, presentata sabato pomeriggio presso la
libreria indipendente L’ArgoLibro ad Agropoli (qui trovate le foto dell’incontro).
Scrivere
sulla produzione artistica degli autori non è cosa facile, in quanto ogni
artista utilizza le potenzialità della parola poetica secondo la sua storia personale, le sue
esperienze, l'illuminazione di un momento o di un incontro, l'oggettività di alcuni
eventi. Ciò che si può fare è scoprire dentro di sé come agisce la poesia, su
quali sentieri ci porta, "cosa fa" dentro l'animo umano.
Io vorrei condurre la mia
riflessione sulla parola poetica che, a mio avviso, ridefinisce la realtà, le
conferisce una dimensione nuova, capace di svelare al lettore sentimenti
nascosti e, perché no, una capacità, magari dimenticata, di meravigliarsi. Il
poeta sa stupire, sa usare parole antiche, dando ad esse una nuova veste, un
nuovo significato. Ed in questo stupore si incontrano poeta e lettore ed è qui
che io ho incontrato la parola poetica di Fabio Aloise.
Per
utilizzare una parola-chiave della silloge, i testi di Aloise si presentano
come particelle piumate, che alcune volte hanno la levità delle foglie, quando
evocano momenti lieti, vissuti in piena armonia, tra mare e cielo, cogliendo,
con grande sensibilità, la bellezza della vita in un ricordo, in uno sguardo, nel profumo del
vento o in un brivido rimasto a scuotere l'individuo nella sua essenza
indivisibile. E lì la parola poetica diventa musica del cuore:
"colgo nel cuore
un brivido strano
di quelli frementi
che bussano forte
a sconvolger la mente.
Colgo... la
tua presenza.
(Colgo)
Oppure la
scoperta di poter ancora sognare, nonostante tutto o la consapevolezza di essere
in grado di dare un senso al proprio sentire:
"questo è il mio scritto,
semplici versi dettati dal cuore,
e
ora sì che sto bene,
ringrazio allora il mio Dio
perché stanotte...
... farò un sogno d'amore."
(Un sogno d'amore)
Invece ,
talvolta, queste piume cadono come macigni sull'odio, sulla terra bagnata da
sangue innocente, sulle ingiustizie di ogni tempo, sul dolore dei perché senza
risposta, che si evidenziano maggiormente negli occhi di coloro che vivono
"ai bordi del mondo", dei deboli, dei dimenticati, degli ultimi. Il
poeta Aloise si sente spettatore
colpevole, perché non può arginare il male, ma può ancora sentirsi vivo nel
momento in cui eleva il suo canto contro l'indifferenza globale. Il poeta
guarda spesso il cielo, non per distogliere lo sguardo dagli affanni della vita,
ma per trovare alimento per l'anima e vestire gli occhi con una luce che non
può spegnersi.
Sono belle
le poesie di Fabio Aloise non perché conducono il lettore sulle strade percorse
dall'autore, ma perché aprono nuovi sentieri, riscoprono emozioni antiche,
danno nuove possibilità alla parola poetica, raccolta dalla vita e la spingono
a viaggiare nel cuore di ognuno. I versi, talvolta pieni di ritmo e musicalità,
ma in qualche caso anche vicini alla poesia prosastica, stanno lì ad aspettare
che il "frenetico vivere di una giornata come tante" che ingabbia le
coscienze in forme stereotipate ed
estranee, possa far posto ad un agognato ritorno in se stessi, per avere la
consapevolezza di essere e di vivere:
"E ora ritorno in me.
Lascio alle spalle gli affanni
di una giornata come tante,
di
un via vai continuo,
di un frenetico vivere.
Finalmente
adagio
le stanche membra
e distendo la mente
sotto il blu del firmamento."
(Esisto)
Alla
fine di questo mio personale cammino, invito ognuno a viaggiare nella parola
poetica di Fabio, che offre molteplici percorsi e quindi spinge ad una scelta e
la coscienza trova in questo occasioni di
crescita, di apertura al dialogo,ma anche solo di voglia di stupore.
Annamaria Perrotta
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