Autore: Giuseppe Milite
Titolo: Qualche volta vado a pesca nell’animo
Prefazione di Olimpia Vano
In copertina e nelle pagine interne disegni di Giuseppe Menna
Editore: L’ArgoLibro
Anno di pubblicazione: 2014
Numero pagine: 96
Copertina: a colori, cartoncino brossurato
Formato: 14,5x21
Titolo: Qualche volta vado a pesca nell’animo
Prefazione di Olimpia Vano
In copertina e nelle pagine interne disegni di Giuseppe Menna
Editore: L’ArgoLibro
Anno di pubblicazione: 2014
Numero pagine: 96
Copertina: a colori, cartoncino brossurato
Formato: 14,5x21
Codice ISBN 978-88-98558-11-7
Prezzo di copertina euro 10,00
Spese di spedizione euro 3,63 (raccomandata postale)
Per info e ordini: largolibro@gmail.com
e.mail autore: g.milite@gmail.com
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Ci sono artisti che non avvertono
l’urgenza della condivisione. Tra questi c’è, sicuramente, Giuseppe Milite, che
scrive poesie (ma non solo) da molti anni e solo ora è giunto alla
pubblicazione della sua opera prima.
“Qualche volta vado a pesca nell’animo”
è il risultato di profonde, lente e dense condivisioni: è il ritmo di questo
poeta, ad esser tale. Come spiega lui stesso in apertura, appena tredicenne
rimase particolarmente colpito da un brano del Petrarca dedicato alla fuga
inesorabile del tempo. Cosa può, l’uomo, di fronte a questa dolorosa
constatazione? “Fermare”, in qualche modo, il tempo, e l’arte è forse lo
strumento più efficace affinché questo avvenga.
Lo stesso Petrarca, insieme agli altri
artisti più o meno grandi del passato, oggi è ancora vivo, grazie a ciò che ha
scritto. Perché non c’è solo la “vita fisica” o “mentale”, e gli artisti lo
sanno più di chiunque altro.
“Qualche volta vado a pesca nell’animo”
rivela l’energia creativa di un autore che instaura con il mondo che lo circonda
un dialogo aperto, schietto, prolungato nel tempo. Un dialogo spesso disilluso, ma sempre sganciato dal pessimismo tout court. Giuseppe Milite affina
l’arte della riflessione, guidando se stesso e chi legge lungo i sentieri di
considerazioni che ci invitano a badare all’essenziale, al “nocciolo delle
questioni”, come si suol dire.
“Il pescato” apre spesso a
considerazioni dolenti, ma è sempre un dolore vigile, attento al potenziale
cambiamento. Come ha sottolineato Olimpia Vano nella prefazione, il verso è
anche riflessione che invita a fermarsi per poter vivere più intensamente ciò
che è stato, ciò che è, e in questo potremmo riscontrare un paradosso. È tutto
da leggere, questo “paradosso”.
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