domenica 21 dicembre 2014

"Il Cielo in una... Stronza" 2014: i risultati finali



Ieri pomeriggio, sabato 20 dicembre, la Libreria L'ArgoLibro ad Agropoli ha accolto la serata finale della VII edizione del Concorso Nazionale "Il Cielo in una... Stronza". 
Una serata all'insegna del piacevole divertimento, una nuova occasione per riflettere insieme - con un sorriso - sul rapporto di coppia.
Nei prossimi giorni saranno on line le foto, ecco intanto i nomi dei tre racconti vincitori finali. Gli autori vincono un soggiorno di una notte per due in tre diverse strutture ricettive di Agropoli: B&B Marlè, Casa Vacanze Campanina e Affittacamere Hibiscus.
La premiazione finale, giova ripeterlo :-) , è per noi solo un'ulteriore occasione di incontro e di conoscenza reciproca tra autori e simpatizzanti, i nostri complimenti vanno a tutti i partecipanti e a tutte le partecipanti:

- Aly Pedruzzi, "A pochi giorni dal trasloco";
- Ermanno Crescenzi, "Sincerità";
- Luciana Paolillo, "Io, mammeta e tu".

Qui trovate la pagina dedicata all'Antologia della Stronza 2014.
Grazie ancora a tutte le autrici e a tutti gli autori che l'hanno arricchita con i loro preziosi racconti!


Vi lasciamo con un breve lettera per riflettere insieme.
Buona lettura a tutti/e.

Un giorno mentre ero seduta nella mia stanza, come sempre concentrata nello studio delle lettere, attività consueta della mia vita, e con intorno a me numerosi volumi di differenti materie, a quell'ora ormai stanca per aver studiato a lungo il difficile pensiero di diversi autori, distolsi lo sguardo dal mio libro, pensando per una volta di tralasciare le questioni sottili per dilettarmi nella lettura di qualche poesia. Con questa intenzione cercavo intorno a me qualche opera breve, e per caso mi capitò tra le mani uno strano libro, che non era mio, lasciato lì da qualcuno con altri volumi, come in prestito. Cominciai a sfogliarlo e vidi dall'intestazione che parlava di un tale Mateolo. Allora sorrisi: pur non avendolo mai visto prima, avevo spesso sentito dire che, tra gli altri libri, questo parlava bene delle donne, e pensai che poteva divertirmi leggerlo. Ma non lo guardai a lungo: mia madre mi venne a chiamare per la cena, che era già l’ora, quindi abbandonai la lettura, proponendomi di riprenderla l’indomani. Il mattino seguente, di nuovo seduta nel mio studio, come al solito, non dimenticai il proposito di dare un’occhiata al libro di Mateolo: dunque cominciai a leggere e andai avanti per un po’. Ma, poiché il soggetto trattato poteva risultare gradevole solo ai maldicenti, e non dava alcun contributo al perfezionamento morale e alla virtù e, considerata anche la grossolanità del linguaggio e dei temi trattati, lo sfogliai qua e là fino alla fine, poi lo lasciai perdere, per studi più elevati e di maggiore utilità. Ma l’aver visto quel libro, per quanto assolutamente non autorevole, suscitò in me una riflessione che mi turbò profondamente, sui motivi e le cause per cui tanti uomini diversi tra loro per condizione, i chierici come gli altri, erano stati ed erano ancora così propensi a dire e a scrivere nei loro trattati tante diavolerie e maldicenze sulle donne e la loro condizione. E non solo uno o due, come questo Mateolo, che non gode di buona reputazione e che parla in maniera truffaldina, ma più in generale in ogni trattato filosofi e poeti, predicatori e la lista sarebbe lunga, sembrano tutti parlare con la stessa bocca, tutti d’accordo nella medesima conclusione, che il comportamento delle donne è incline a ogni tipo di vizio. Profondamente assorta in ciò io, che sono nata donna, presi a esaminare me stessa e la mia condotta, e allo stesso modo pensavo alle altre donne che avevo frequentato, tanto le numerose principesse e le gran dame, come le donne di media e bassa condizione, che avevano voluto graziosamente confidarmi le loro vicende personali e i loro intimi pensieri. Volevo capire in coscienza e in modo imparziale se poteva essere vero ciò che tanti uomini illustri, gli uni come gli altri, testimoniavano. Ma, nonostante quello di cui potevo essere a conoscenza, e per quanto a lungo e profondamente esaminassi la questione, non riuscivo a riconoscere né ad ammettere il fondamento di questi giudizi contro la natura e il comportamento femminile. Continuai tuttavia a pensare male delle donne: ritenevo che sarebbe stato troppo grave che uomini così famosi, tanti importanti intellettuali di così grande intelligenza, così sapienti in tutto, come sembra che fossero quelli, avessero scritto delle menzogne e in tanti libri, che stentavo a trovare un’opera morale, indipendentemente dall'autore senza incappare, prima di terminare la lettura, in qualche capitolo o chisa di biasimo alle donne. Questa unica e semplice ragione mi faceva concludere che, benché il mio intelletto nella sua semplicità e ignoranza non sapesse riconoscere i grandi difetti miei come delle altre donne, doveva essere veramente così.
Era in questo modo che mi affidavo più ai giudizi altrui che a ciò che io sentivo e sapevo nel mio essere donna.

Cristina de Pizan

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