Ieri pomeriggio, sabato 20 dicembre, la Libreria L'ArgoLibro ad Agropoli ha accolto la serata finale della VII edizione del Concorso Nazionale "Il Cielo in una... Stronza".
Una serata all'insegna del piacevole divertimento, una nuova occasione per riflettere insieme - con un sorriso - sul rapporto di coppia.
Nei prossimi giorni saranno on line le foto, ecco intanto i nomi dei tre racconti vincitori finali. Gli autori vincono un soggiorno di una notte per due in tre diverse strutture ricettive di Agropoli: B&B Marlè, Casa Vacanze Campanina e Affittacamere Hibiscus.
La premiazione finale, giova ripeterlo :-) , è per noi solo un'ulteriore occasione di incontro e di conoscenza reciproca tra autori e simpatizzanti, i nostri complimenti vanno a tutti i partecipanti e a tutte le partecipanti:
- Aly Pedruzzi, "A pochi giorni dal trasloco";
- Ermanno Crescenzi, "Sincerità";
- Luciana Paolillo, "Io, mammeta e tu".
Qui trovate la pagina dedicata all'Antologia della Stronza 2014.
Grazie ancora a tutte le autrici e a tutti gli autori che l'hanno arricchita con i loro preziosi racconti!
Vi lasciamo con un breve lettera per riflettere insieme.
Buona lettura a tutti/e.
Un giorno mentre ero
seduta nella mia stanza, come sempre concentrata nello studio delle lettere,
attività consueta della mia vita, e con intorno a me numerosi volumi di
differenti materie, a quell'ora ormai stanca per aver studiato a lungo il
difficile pensiero di diversi autori, distolsi lo sguardo dal mio libro,
pensando per una volta di tralasciare le questioni sottili per dilettarmi nella
lettura di qualche poesia. Con questa intenzione cercavo intorno a me qualche
opera breve, e per caso mi capitò tra le mani uno strano libro, che non era
mio, lasciato lì da qualcuno con altri volumi, come in prestito. Cominciai a
sfogliarlo e vidi dall'intestazione che parlava di un tale Mateolo. Allora
sorrisi: pur non avendolo mai visto prima, avevo spesso sentito dire che, tra
gli altri libri, questo parlava bene delle donne, e pensai che poteva
divertirmi leggerlo. Ma non lo guardai a lungo: mia madre mi venne a chiamare
per la cena, che era già l’ora, quindi abbandonai la lettura, proponendomi di
riprenderla l’indomani. Il mattino seguente, di nuovo seduta nel mio studio,
come al solito, non dimenticai il proposito di dare un’occhiata al libro di
Mateolo: dunque cominciai a leggere e andai avanti per un po’. Ma, poiché il
soggetto trattato poteva risultare gradevole solo ai maldicenti, e non dava
alcun contributo al perfezionamento morale e alla virtù e, considerata anche la
grossolanità del linguaggio e dei temi trattati, lo sfogliai qua e là fino alla
fine, poi lo lasciai perdere, per studi più elevati e di maggiore utilità. Ma
l’aver visto quel libro, per quanto assolutamente non autorevole, suscitò in me
una riflessione che mi turbò profondamente, sui motivi e le cause per cui tanti
uomini diversi tra loro per condizione, i chierici come gli altri, erano stati
ed erano ancora così propensi a dire e a scrivere nei loro trattati tante
diavolerie e maldicenze sulle donne e la loro condizione. E non solo uno o due,
come questo Mateolo, che non gode di buona reputazione e che parla in maniera
truffaldina, ma più in generale in ogni trattato filosofi e poeti, predicatori
e la lista sarebbe lunga, sembrano tutti parlare con la stessa
bocca, tutti d’accordo nella medesima conclusione, che il comportamento delle
donne è incline a ogni tipo di vizio. Profondamente assorta in ciò io, che sono
nata donna, presi a esaminare me stessa e la mia condotta, e allo stesso modo
pensavo alle altre donne che avevo frequentato, tanto le numerose principesse e
le gran dame, come le donne di media e bassa condizione, che avevano voluto
graziosamente confidarmi le loro vicende personali e i loro intimi pensieri.
Volevo capire in coscienza e in modo imparziale se poteva essere vero ciò che
tanti uomini illustri, gli uni come gli altri, testimoniavano. Ma, nonostante
quello di cui potevo essere a conoscenza, e per quanto a lungo e profondamente
esaminassi la questione, non riuscivo a riconoscere né ad ammettere il
fondamento di questi giudizi contro la natura e il comportamento femminile.
Continuai tuttavia a pensare male delle donne: ritenevo che sarebbe stato
troppo grave che uomini così famosi, tanti importanti intellettuali di così
grande intelligenza, così sapienti in tutto, come sembra che fossero quelli, avessero
scritto delle menzogne e in tanti libri, che stentavo a trovare un’opera
morale, indipendentemente dall'autore senza incappare, prima di terminare la
lettura, in qualche capitolo o chisa di biasimo alle donne. Questa unica e
semplice ragione mi faceva concludere che, benché il mio intelletto nella sua
semplicità e ignoranza non sapesse riconoscere i grandi difetti miei come delle
altre donne, doveva essere veramente così.
Era in questo modo che mi affidavo
più ai giudizi altrui che a ciò che io sentivo e sapevo nel mio essere donna.
Cristina de Pizan
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