lunedì 27 marzo 2017

Le interviste di Nello Amato: Elena Giacobbe

Le interviste di Nello Amato



Una mente morsa da Madama Taranta
Intervista a Elena Giacobbe

Elena, spiegaci in poche parole chi sei, cosa ami fare e perché hai scelto di pubblicare il tuo lavoro accademico con L'Argolibro.

Sono una giovane donna alla perenne ricerca di un senso da attribuire alla sua vita. Per questo fotografo, disegno e scrivo.
Ho scelto di pubblicare con l'Argolibro perché é tra le poche realtà che conosco, dove coltivare interessi non esclusivamente legati a calcoli statistici, non é un peccato di hybris nei confronti del dio Mercato. Esiste anche altro!

Perché hai scelto come oggetto di studio, di ricerca proprio il tarantismo? Che cos'è il tarantismo?
Al tarantismo ci sono arrivata per caso. Seguo da dieci anni il maestro Eugenio Bennato e dai suoi testi sono risalita agli studi demartiniani.
Il Tarantismo non é una moda, come molti ottusamente ritengono. É una questione culturale che continua a interrogarci tutti senza distinzione di età ,sesso e formazione accademica! Io credo che il tarantismo, analizzato nella prospettiva demartiniana non possa tacere o essere stravolto dalle logiche del mercato. Esso continua a "rispondere" alle nostre angosce. In sintesi penso che sia ancora «quell'opera che vale», come direbbe De Martino, contro l'indifferenza che abita le nostre solitudini urbane.



Può esserci una sottile differenza tra taranta in senso lato, come ballo popolare e tarantismo oppure l'una è prettamente il fondamento dell'altro, cioè del fenomeno nella sua generalità?
Scusami, mi preme precisare una questione fondamentale. La taranta non é la danza. Esso é un simbolo mitico, figlio di una lunghissima plasmazione culturale.
Il ballo è la tarantella, la danza del piccolo regno, é il momento centrale dell'istituto culturale del tarantismo.
Il ballo in realtà é un agone simbolico che vede fronteggiarsi tarantata e taranta al fine di ripristinare nella storia la presenza della donna. La tarantata immagina di calpestare e uccidere, simbolicamente, col piede che batte la danza, l'animale venereo. Per citare Quasimodo: «Passo su passo cerca il suo equilibrio spirituale accerchiando la vertigine su curve musicali sempre più strette fino alla scomparsa dei sensi».

Il tarantismo riguardava soltanto le donne? Se sí, per quale ragione?
Il tarantismo non riguarda solo le donne ma la predominanza del sesso femminile nei casi presi in considerazione da De Martino durante la sua spedizione etnografica del 1959 é da imputare, secondo lo stesso, al «tradizionale regime di esistenza, gravoso di soggezione che le fa sperimentare quotidianamente come il suo operare sia fronteggiato, contraddetto, ridotto, smentito e schiacciato dalle forze irrazionali dominanti».

Viviamo in un mondo dove la globalizzazione spesso tende a sfumare, quasi ad annullare i particolarismi e le tradizioni dei piccoli nuclei sociali. La taranta, però, desta curiosità, stupore, incanto, attirando come un magnete, ogni anno, migliaia di visitatori in Salento. Perché secondo te la stessa cosa non avviene anche nel nostro Cilento, benché ci siano molti elementi di affinità con il Salento? Sfruttiamo poco le nostre tradizioni secondo te?
Mi preme fare un'altra precisazione. Ad annientare e svilire le nostre dignità non é la globalizzazione. Amselle dice che non esiste cultura senza cultura e questo vale per tutte le epoche. Nel senso che l'identità culturale scaturisce da un confronto perenne. Togliamoci dalla testa questi sentimenti esclusivisti che favoriscono il germogliare degli attuali ismi (razzismo, nazionalismo, ecc.). Siamo sempre stati cittadini globali.
La storia degli altri é soprattutto la nostra storia!!! Le minacce al nostro  vivere globale,
al nostro vivere insieme é avanzata dal globalitarismo. L'imperialismo della forma-merce, come lo definisce il filosofo torinese Fusaro, che ci possiede dall'interno modificando i nostri rapporti simbolici.
Ciò detto capisce bene che il verbo sfruttare posto vicino al sostantivo tradizioni non mi piace. Le nostre tradizioni vanno studiate capite e riproposte. Ciò detto sul tarantismo cilentano non si dispone di dati etnografici sufficienti per poter parlare di una sua esistenza anche nel nostro territorio. L'antropologa Annabella Rossi, che accompagnò De Martino nel Salento nel 1959 e che insegnò all'università di Salerno, con la collaborazione di due sue studentesse Patrizia Giannelli e Aurora Milillo, tuttavia si pose la questione che portò anche alla pubblicazione di un testo dal titolo “E il Mondo si fece giallo”. Ma non si può parlare con sicurezza dell'esistenza di un tarantismo cilentano.

Qual è il rapporto con La terra del rimorso di Ernesto De Martino del tuo lavoro? Quali affinità e/o divergenze ci sono?
Il mio elaborato accademico é un umile servitore del complesso lavoro demartiniano, spesso frainteso o criticato con troppa superficialità. Tuttavia le divergenze sono profonde. Il mio lavoro si é svolto su un campo anomalo. Non sono mai stata a Galatina né tantomeno ho registrato interviste. Io sono stata l'informatrice di me stessa. Questo é stato il mio campo, scelto inconsapevolmente a ritroso, al momento dell'impatto col colosso De Martino.

Rispetto ai lavori precedenti sul tarantismo puoi dirci se pensi di aver offerto qualcosa di nuovo agli studi di ricerca?
Sarebbe presuntuoso da parte mia affermare questo!!! La ricerca é bene lasciarla agli antropologi di professione. Per me é solo un interesse.

Una curiosità: balli la pizzica? Sei tarantolata?
Purtroppo i miei piedi rimangono saldamente attaccati al suolo... Non so ballare ma accenno qualche passo.

Oltre alla tesi, ci sono altre pubblicazioni letterarie in cantiere (romanzi, poesie, racconti...)?
Ti posso dire che presso L'Argolibro nel mese di dicembre ho pubblicato una mia poesia nel concorso “Lunedì Poesia”, dal titolo “La carezza della rugiada” (qui la pagina dedicata).

Prospettive future?
Il futuro non esiste ancora, quindi perché parlarne?

Elena, siamo giunti alla conclusione... Più che una risposta a una domanda vorrei una riflessione da giovane, da donna, da studiosa.
Viviamo in un mondo dove il telematico ha letteralmente ucciso il libro cartaceo, la telenovela ha soppiantato il racconto scritto e orale, le forme narrative televisive, ridondanti e consumistiche, fanno sí che il soggetto non ricerchi la scrittura come rifugio o fonte di piacere a causa della presenza ossessiva del virtuale. In questa società la letteratura può ancora salvare il mondo? 
In questo momento storico ad essere sotto scacco é la capacità di vivere criticamente nel mondo.
Se la realtà che mi circonda non suscita in me emozioni e l'altro da me lo riduco a mero oggetto per trastulli asettici nella migliore delle ipotesi o é un individuo che ha la medesima inconsistenza del puro nulla, non scriveremo mai niente. Se si continua in questa direzione per la scrittura e per l'editoria non ci sarà mai spazio!! Ma ecco che ritorna il mio buon De Martino: ognuno di noi ha il dovere di scegliere il proprio posto di combattimento per non passare con tutto ciò che passa. Ognuno di noi che crede fermamente nella politica, nell'arte, nella musica , nella letteratura, nell'antropologia può dare il suo sostanziale contributo per mutare il segno del nostro viver attuale. Da segno negativo di «cose ‘e niente» di De Filippiana memoria a segno positivo di «mamma d'a bellezza» di scotellaria memoria, dove per concludere con il mio De Martino, migliori potremmo essere tutti: noi che cerchiamo e loro che incontriamo.

Qui trovate la pagina dedicata a “Il tarantismo fra tradizioni e connessioni”.

Per contattare Elena Giacobbe: giacobbe.elena@yahoo.it


Per contattare Nello Amato: nello_president@hotmail.it

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